FORTUNAT MIKULETIČ – INTERNATITIS. L'internamento nel campo fascista di Casoli nella testimonianza diretta di un internato sloveno.

Fortunat Mikuletič, Internatitis, Gorica, Goriška Mohorjeva družba, 1974.
Fortunat Mikuletič, Internatitis, Gorica, Goriška Mohorjeva družba, 1974.

Una testimonianza importante, ma ancora inedita in lingua italiana, è quella di un “ex internato” sloveno pubblicata postuma. Si tratta di Fortunat Mikuletič il quale, da esperto avvocato, sembrerebbe che seppe assai abilmente proporsi al direttore del campo in veste di “assistente” per il disbrigo degli atti fra comune e autorità sovraordinate, non solo sottraendosi "all’ozio coatto”, ma guadagnandosi l’opportunità di una comoda macchina da scrivere per redigere questa specie di resoconto istantaneo. Il libro pubblicato postumo nel 1974 con il titolo Internatitis è illustrato da schizzi ed opere pittoriche dell’amico e compagno di internamento Ljubo Ravnikar che ritrae scene quotidiane della vita del campo e alcuni ritratti degli internati.  

 Giuseppe Lorentini

 

Di seguito si presentano alcuni brani tradotti in italiano. Si ringrazia il dott. Ravel Kodrič per la traduzione dei brani e il direttore editoriale della casa editrice Goriška Mohorjeva družba, dott. Marco Tavcar, per la collaborazione e la concessione della traduzione.

FORTUNAT MIKULETIČ – INTERNATITIS

Pag. 71:

12. luglio 1942. Il 5 maggio siamo stati trasferiti da Corropoli più a sud, a Casoli in provincia di Chieti. Casoli è un gran mucchio di case per circa 6000 abitanti, accovacciato sopra un colle di 400 metri d’altezza ai piedi della Majella, uno dei massicci principali della catena appenninica. Non vi fummo trasferiti solo noi, bensì pure internati provenienti da numerosi altri campi italiani ormai sovraffollati. Pare che gli internati vi avessero intrattenuto contatti troppo stretti con la popolazione e ciò non andava a genio al ministero perché avrebbe potuto nuocere ai suoi sentimenti patriottici, oggidì indispensabili allo stato.

Lo deduco dalle attuali severe limitazioni alla libertà di movimento. Abbiamo a disposizione soltanto i vani adibiti a dormitorio, per nulla attraenti, di una specie di cortile di una ventina di metri per cento. In compenso godiamo di un panorama della vallata del fiume Aventino che sgorga ai piedi della Majella fin quasi al mare che dista da qui una trentina di chilometri.

Il panorama ci risarcisce degli incomodi. Sono venuti a farci visita il questore di Chieti, l’ispettore dei campi da Pescara, l’ispettore generale da Roma; a costoro esprimemmo la nostra insoddisfazione per il cibo scialbo e scarso, e ognuno di essi rispose: “Ma cos’altro volete di più, con questo panorama magnifico?” Il questore, in particolare, accompagnò la risposta con un ampio gesto delle braccia, neanche fosse Ermete Zacconi sul palcoscenico …

A Corropoli il cibo era migliore perché eravamo noi a gestire la cucina e vi investivamo per l’acquisto delle derrate tutte e 6 le lire giornaliere che lo stato ci elargisce a tal fine. Qui a Casoli vi provvede un appaltatore che spende al massimo 3 delle 6 lire; il resto se lo ficca in tasca.

Qui il commissario non c’è; è il comune a gestire il campo. La guerra procura al comune un sacco di incombenze straordinarie, come ad esempio: le requisizioni, l’annona, l’elargizione dei sussidi, la conduzione dei registri degli arruolati, il reclutamento ecc., sicché gli uffici comunali sono ben lieti che mi sia accollato tutto il lavoro amministrativo relativo al campo. In compenso ho patteggiato il diritto di muovermi a mio agio per potermi recare all’osteria, all’emporio, dal tabaccaio ecc. Con questo piccolo vantaggio il trantran quotidiano non mi pesa più di tanto.

Passo i giorni a leggere e a scrivere. Non posso però sottrarmi del tutto alle discussioni, perché i grandi eventi si accavallano.

Da casa non ricevo posta da diverse settimane. Anche gli altri sloveni non ne ricevono. Cosa diavolo staranno combinando lassù in Slovenia? Degli sloveni internati nessuno ottiene congedi, le lettere sono soggette ad un’occhiuta censura, ciononostante le notizie filtrano.

Oggi ho rifatto il bucato da solo. Ho dovuto prendere questa decisione perché le lavandaie sgualciscono la biancheria sciupandola. Conservo ancora un’ottima saponetta Schicht; se la cedo alla lavandaia, non la rivedo più. Se la presto a qualche compagno, me la consuma troppo. Non avevo scelta: o fare il bucato da solo o rimanere in breve senza mutande. Sulle prime ero maldestro, ma ora ci ho fatto il callo; conosco addirittura diversi modi di fare il bucato e ne sperimento di nuovi. “Radion lava da solo!” recitava una pubblicità d’anteguerra. Oggi “Radion” se la deve vedere con la concorrenza: anche l’internato lava da solo!

Ho pure imparato a dar la caccia alle cimici. Da una settimana ormai il mio letto è pulito. Ma mi tocca esaminarlo a fondo quotidianamente.

Pag. 163

Un’altra dote del contadino abruzzese è la sua ospitalità. Noi slavi andiamo fieri, e amiamo giustamente sottolinearlo, della proverbiale ospitalità degli slavi. Ma in ciò il contadino abruzzese ci supera. A Corropoli non potevo passare accanto all’uscio di un’abitazione contadine senza sentirmi invitare a bere almeno un bicchiere di vino. Spesso, avendo oltrepassato l’uscio, mi sentivo chiamare alle spalle: “’Vuchè! È uffežu?” Ai bimbi, se capitava che fossi privo della solita caramella in tasca, dovevo pigiare alla chetichella qualche lira nel palmo della manina. Se avessi chiesto il conto, si sarebbero offesi.

I casolani si distinguono dal loro “Favorite!” Quand’entro in osteria, salutando con un generico “Buon giorno”, gli avventori tutti mi rispondono con il loro “Favorite!”. Un ragazzo in età scolare pranza in strada con un pezzo di pane innaffiato con un goccio d’olio: ci passi accanto e te lo offre: “Favorite!”. Ed in genere, non appena auguri a qualcuno “Buon appetito!”, la risposta è sempre: “Favorite!”. Beninteso, di rimando, l’unica risposta ammessa è “Grazie!”.

Un giorno entrai nella trattoria del Quonzi e scorsi una compagnia di paesani attorno ad un tavolo imbandito di ogni ben di dio: pollo, formaggio, salame. Al mio saluto, risposero in coro: “Favorite!”

Risposi osservando: “Squisita abitudine, la vostra, questo “favorite”, ma badate a non rivolgerlo agli internati: l’internato è affamato cronico e stenta a ricambiare col giusto “grazie”.

Mi accolse una cordiale risata. Dovetti accettare e – non me ne pentii.

A Casoli m’imbatto di rado in qualche contadino; vedo solo gente del borgo, in massima parte donne; gli uomini sono tutti arruolati. Si tratta perlopiù di gente di modeste condizioni. La loro situazione abitativa è una disperazione. Le case sono accatastate una accanto all’altra, spesso una sopra l’altra, lungo viuzze strette, prive di aria e di sole. Le abitazioni, se così si possono chiamare, sono minuscole; in molti casi una famiglia dispone di un solo vano che funge da cucina, stanza da letto, dispensa. Ciò che siamo soliti indicare con il termine di soggiorno è loro ignoto. Ne fa le veci la strada. D’inverno vi si sosta negli angoli soleggiati, d’estate in quelli all’ombra. Ci atteniamo a questa regola anche noi altri, internati: abitiamo in vani di una miseria estrema, perciò appena possiamo sostiamo all’aperto.

A casa le donne hanno poche faccende da sbrigare. I vani si fa presto a riordinarli, la cucina non esige sforzi e tempi lunghi: a pranzo una veloce pastasciutta, la sera un tozzo di panne con dell’olio. Negli angoli in battuta di sole o in quelli graziati da una piacevole ombra si raccolgono 20, 30 e più donne, attorniate da nugoli di fanciulli. Vi trascorrono giornate intere; le donne intente a cucire o rammendare e – va da sé – a chiacchierare, i bimbi, a giocare.

 

1.

- Vedi come volano basse le rondini? Il tempo sta cambiando.

- Sì, dicono che sia un segno inconfondibile. – Chissà che gusto avrebbe un gulasch di rondini?

- Mah. Bisognerebbe provare. Con del riso, credo, non sarebbe male.

- Oppure con della polenta. Un po’ di cipolla, del pomodorino, del buon olio d’oliva, sento già l’odorino …

 

2.

- Sarebbe un gioco da ragazzi darsela a gambe. Ma come fai a fare mille chilometri fino a casa senza un soldo in tasca e senza conoscere la lingua? In quattro e quattr'otto mi ripescherebbero.

- Eh! Se mi concedessero un congedo provvisorio!

- Mica ce lo danno, a noi sloveni. Ci conoscono troppo bene. L'italiano, mica è scemo. Vedono bene quel che succede a casa nostra …

 

3.

 

- Che fa la tua Pierina?

- Quella? Ha il diavolo in corpo. Il marito la riempirà di botte quando torna dal fronte.

- Ma non temi che ti piglino in castagna?

- Ah, sono troppo prudente, io. E poi, vado sempre in chiesa. E non lesino il centesimo. Il sacrestano è mio buon amico. Se qualcuno osasse aprir becco, nessuno gli crederebbe: vuoi mettere, un uomo così pio come me …

 

4.

Dialogo fra due ebrei zagabresi che solitamente conversavano fra di loro in tedesco, salvo sentirsi poi rimproverare dal Mikuletic, perché diavolo parlassero in tedesco visto che s’erano arricchiti fra i croati …

- Zwanzigtausend hab’ich verdient bei dem Geschäft …

- Attento! Ecco che arriva Mikula!

- È stato un gioco da ragazzi. Non aveva la più pallida idea di quanto valesse la merce. Me l’aveva mandato Jakob Spitzer da Osijek.

- Quello che commercia in pellami?

- Ma sì: pellami, grano, bestiame, quel che gli capita sottomano. Non riuscivo a capacitarmi che non sia stato lui a concludere l’affare.

- Ma Spitzer, dov’è, adesso?

- Ho sentito dire che se ne sia andato in Palestina?

- Ne sei certo?

- Wie heisst, “certo”? Schwören möchte‘ich, wetten aber nicht … // Come sarebbe a dire, „certo“? Giurare, ci giurerei, scommettere … mai!

 

5.

- Dio ce l’ha con gli sloveni. Il destino ci perseguita. Hai sentito quel che succede in Slovenia?

- Ti sbagli. Dio vuol bene agli sloveni. Se così non fosse, prima della guerra non li avrebbe gratificati con un regime tale da temprarli a sopportare oggi qualsiasi intemperie …

 

 6.

- Stanotte ho dormito male. Deve avermi nuociuto il pisolino pomeridiano.

- Come mai? Se dormi ogni pomeriggio dall’una alle cinque!

- Sì, ma ieri pomeriggio avevo dormito dall’una alle cinque e un quarto.

 

da Fortunat Mikuletič, Internatitis, Gorica, Goriška Mohorjeva družba, 1974;

traduzione in italiano dallo sloveno a cura di Ravel Kodrič

 

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Commenti: 3
  • #1

    Livio Sirovich (sabato, 15 febbraio 2020 21:20)

    cosa sono i paragrafi da 1 a 6? piccoli brani estrapolati dal libro in sloveno di Mikuletič?

  • #2

    campocasoli.org (sabato, 15 febbraio 2020 21:25)

    Esattamente. Sono piccoli brani presi dal libro in sloveno.

  • #3

    Livio Sirovich (mercoledì, 17 maggio 2023 23:50)

    Molto interessante il testo di Mikuletič! Aspetto di poter acquistare il libro

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