Spesso in questi anni ci siamo chiesti, in occasione di una delle tante ricorrenze, dei tanti Giorni della Memoria con il loro accompagnamento di cortei, manifestazioni, discorsi, rievocazioni, se tutto ciò non producesse assuefazione, quando non indifferenza o addirittura fastidio. È un rischio reale, che si corre quando, pur con le migliori intenzioni, si ingessa il ricordo di una tragedia o di un eroismo nella riproposizione meccanica di un rito collettivo. Per scongiurarlo è necessario infondere nuova linfa e slancio al ricordo, trasformarlo ogni volta in una nuova scoperta, così da riempire di significato un contenitore altrimenti destinato a restare vuoto di valori e di senso.
Come ottenere questo risultato? Attraverso la ricerca, attraverso lo studio, perché da esplorare c’è ancora tanto, intere storie che ancora aspettano di essere riportate alla luce. Un lavoro ancora più urgente e necessario adesso che stanno scomparendo gli ultimi testimoni diretti, coloro che hanno rappresentato la prova vivente di quello che è stata la Tragedia per antonomasia, il cataclisma epocale del secondo conflitto mondiale. Esistono grandi eventi e piccoli episodi, solo apparentemente trascurabili nel marasma generale, ma ciascuno con una sua speciale rilevanza: storie drammatiche di uomini e di donne, da una parte e dall’altra, che si sono ritrovati stritolati in un ingranaggio insensato e crudele, in una macchina impazzita sfuggita al controllo della ragione e dell’umanità.
Proprio per questo un libro come L’ozio coatto di Giuseppe Lorentini, edito da Ombre Corte di Verona, è un libro necessario, come altri che negli ultimi anni stanno restituendo verità scomode e per troppo tempo taciute, in Italia più che altrove. È il caso dei campi di concentramento fascisti, per decenni ignorati come oggetto di studio, sminuiti nella loro centralità e importanza nella politica di repressione della dissidenza e persecuzione di coloro che, per un motivo o per un altro, erano considerati scomodi, pericolosi o anche solo etnicamente inferiori o incompatibili con la “pura razza” italiana.
Il lavoro di Lorentini si inserisce dunque in quel filone di saggistica monografica che sta pazientemente ricostruendo il tessuto di circostanze, convergenze, apporti che ha prodotto il fenomeno dei campi di concentramento fascisti, attivi soprattutto negli anni della guerra, tra il 1940 e il ’43. È il caso del campo oggetto della ricerca dell’autore, quello di Casoli, piccolo centro che sorge in posizione rilevata non lontano dalle prime propaggini del versante orientale della Maiella. È il paese dell’autore, che ha compiuto le sue ricerche in loco, in particolare nell’Archivio del comune, ma inserendo i risultati dei suoi studi in un contesto più ampio, che giunge fino alla Germania, alla Polonia, alla Jugoslavia, luoghi di provenienza e di destinazione finale degli internati del campo di Casoli.
Il testo è strutturato in modo solido e rigoroso: dopo una prima parte di taglio teorico e metodologico, che chiarisce la definizione del concetto di “campo di concentramento” e la sua applicabilità alle procedure di internamento civile nell’Italia fascista, e dopo avere, nel secondo capitolo, ricostruito la normativa e la regolamentazione dei campi, e individuato le categorie via via colpite dal provvedimento di internamento, la seconda metà del libro si occupa in particolare del campo fascista di Casoli, utilizzato dal 1940 al 1944. Amministrazione, gestione, organizzazione nel terzo capitolo; arresto, internamento e vita quotidiana nel campo, nel quarto e ultimo capitolo, forse il più interessante per i lettori non specialisti proprio perché restituisce l’umanità, non solo degli internati ma anche degli abitanti del paese, che in vario modo e a vario titolo interagivano con gli “ospiti” del campo.
Sì, perché dalle pagine di questo saggio saltano fuori storie personali drammatiche, tragiche, ma anche qualcuna a lieto fine. Dai documenti che l’autore ha pazientemente rintracciato nell’archivio del comune di Casoli (adesso a disposizione di tutti grazie al centro di documentazione online www.campocasoli.org da lui stesso ideato e curato) rivivono le vicende umane degli internati, i loro sentimenti, le paure, le proteste, le sofferenze che ce li rendono vicini e veri, più di tanti numeri che nella loro enormità suscitano uno sgomento senza commozione autentica. E così ricorderemo il medico ebreo, pianista e urologo di fama internazionale, Hermann Datyner, che veniva chiamato a curare i casolani delle famiglie più in vista, invitato a cena perfino dall’ex podestà, tanto da suscitare le proteste indispettite e meschine dei fascisti del paese, latori di una denuncia anonima che stigmatizzava il trattamento di favore di cui il prigioniero godeva.
Ma se la storia del dottor Datyner è capace di suscitare un moto di simpatia e quasi di sollievo nel lettore che vorrebbe in cuor suo trovare la conferma dell’umanità di trattamento di cui godevano gli internati nei campi italiani, ben diversa appare la situazione della seconda categoria di internati, quelli che succedono agli “ebrei stranieri” nel campo di Casoli. È interessante infatti sapere che nel campo si avvicendano due gruppi di detenuti: agli “ebrei stranieri”, poco più di una cinquantina, presenti dal 9 luglio 1940 al 3 maggio 1942, per essere poi trasferiti nel campo di Campagna in provincia di Salerno, succedono il 5 maggio 1942 gli “internati politici” provenienti quasi tutti dai territori jugoslavi occupati dalle truppe italiane. Si tratta di sospetti antifascisti, “elementi indesiderabili” che infastidivano la politica fascista di occupazione. Per loro, che arrivano in condizioni di estrema povertà, le condizioni si rivelano più dure e l’”ozio coatto” più insopportabile, tanto che in diversi pregano la direzione del campo di essere impiegati in qualche lavoro o occupazione, non riuscendo ad adattarsi a un’inerzia umiliante e inspiegabile. Non manca qualche tentativo di ribellione finito male, lettere struggenti non recapitate da una cieca disumana burocrazia, tutto il repertorio di soprusi che accompagna l’esecuzione di provvedimenti arbitrari e iniqui nei confronti di civili inermi.
Ed è la parte conclusiva, forse, con i dati nudi e crudi, la schedatura nome per nome di tutti coloro, “ebrei stranieri” e “internati politici”, che sono passati nel campo di Casoli, a dare il senso dell’ingiustizia connaturata all’essenza stessa del campo di concentramento: due gruppi di individui diversi per età, collocazione sociale, provenienza e motivazione del provvedimento restrittivo, che si ritrovano a essere privati della libertà personale, degli affetti e dei beni senza aver commesso alcun crimine, solo per l’origine etnica o le opinioni politiche. La disumanità del totalitarismo è tutta qui, e il saggio di Lorentini, con la sobrietà e asciuttezza dello stile e il rigore del metodo, ce la consegna intatta nella sua meschina brutalità.
Elsa Flacco
(Pubblicato per la prima volta su “La città. Quotidiano della provincia di Teramo” il 21.06.2019, p. 19)
Giuseppe Lorentini
L'ozio coatto
Storia sociale del campo di concentramento fascista di Casoli (1940-1944)
pp. 163
€ 14,00
isbn 9788869481291
il libro
"Io sempre vissi dal lavoro e non posso più sopportare l'ozio coatto dell'internamento". Casoli, 22 settembre 1942.
Casoli, cittadina abruzzese in provincia di Chieti, si erge arroccata su una collina alla destra del fiume Aventino ai piedi del massiccio della Maiella. Nell'aprile del 1940 fu scelta dal ministero dell'Interno per allestirvi una struttura per internare "ebrei stranieri"; questa divenne un campo fascista attivo dal 9 luglio 1940. Nei primi giorni di maggio del 1942, gli internati ebrei vennero trasferiti nel campo di Campagna (Salerno) e a Casoli arrivarono gli "internati politici", per la maggior parte civili "ex jugoslavi" originari delle terre di occupazione italiana in Jugoslavia.
Analizzando i fascicoli personali di quasi tutti gli internati, conservati presso l'Archivio storico comunale di Casoli, e confrontandosi con la storiografia e le fonti relative al periodo, Lorentini ripercorre la storia del campo facendo emergere il profilo dei prigionieri, le loro biografie, la vita quotidiana, le pratiche della comunicazione, il rapporto con la comunità cittadina, ma anche i problemi amministrativi e organizzativi riguardanti la sua gestione. La ricerca storica del campo di Casoli ci restituisce, come in un'istantanea, una pagina finora oscura dell'internamento civile fascista come spazio delle pratiche della politica razziale e di repressione operata dal regime, come laboratorio del razzismo fascista a livello locale.
l'autore
Giuseppe Lorentini è ideatore e responsabile curatore del Centro di documentazione on line sul campo di concentramento fascista di Casoli (1940-1944), www.campocasoli.org. Ha ottenuto il doppio titolo di Laurea Magistrale/Master of Arts in Scienze storiche nell'ambito del corso integrato italo-tedesco tra l'Università di Bielefeld e quella di Bologna (BiBoG). Nel dicembre 2018 ha ricevuto il DAAD Preis, il prestigioso premio del "Servizio Tedesco per lo Scambio Accademico".
Presentazione del libro di Giuseppe Lorentini "L'Ozio coatto. Storia sociale del campo di concentramento fascista di Casoli (1940-1944)"
Saluti istituzionali del sindaco di Torricella, Carmine Ficca.
Ne discutono con l'autore: Mario Setta (storico dell'Associazione 'Il Sentiero della Libertà/Freedom Trail'), Manuele Gianfrancesco (storico).
Modera: Cecilia Di Paolo (sezione ANPI 'Domenico Troilo' di Gessopalena, Direttivo ANPI provinciale di Chieti).
Registrazione video del dibattito dal titolo Presentazione del libro di Giuseppe Lorentini "L'ozio coatto. Storia sociale del campo di concentramento fascista di Casoli (1940-1944)", Ombre Corte, Verona 2019, registrato a Torricella Peligna (chieti) lunedì 12 agosto 2019 alle 17:55.
Sono intervenuti: Icks Borea (attore teatrale), Cecilia Di Paolo (appartenente alla sezione ANPI 'Domenico Troilo' di Gessopalena, direttivo ANPI di Chieti), Carmine Ficca (sindaco del comune di Torricella Peligna), Manuele Gianfrancesco (storico), Mario Setta (storico dell'Associazione "Il sentiero della libertà"), Giuseppe Lorentini (autore del libro).
Tra gli argomenti discussi: Storia.
La registrazione video di questo dibattito ha una durata di 1 ora e 22 minuti.
Il contenuto è disponibile anche nella sola versione audio.
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