La storia dell'ebreo turco AFNAIM SALOMONE internato a Casoli e sopravvissuto alla SHOAH

Tra il settembre 1941 e l’aprile 1942 nel campo di concentramento di Casoli c’è anche Afnaim Salomone. Nato a Istanbul in Turchia il 25 marzo 1903, suo padre si chiamava Guido (Juda) e sua madre, vivente, si chiama Vittoria Ciprut. Ha una sorella, Regina, nata il 25 luglio 1912. All’inizio degli anni ’30 Salomone si sposa con Dana Lea nata anch’essa a Istanbul il 15 marzo 1906 da Mosè Michon e di Ester Sarfatti. Salomone e Lea si trasferiscono a Milano dove, il 30 gennaio 1932, nasce il primogenito che chiamano Leone. Sempre a Milano, il 14 marzo 1934, Lea da’ alla luce una bambina a cui danno il nome della nonna paterna, Vittoria. Probabilmente nel ’40, dopo l’inizio della guerra, Afnaim Salomone viene arrestato a Milano con tutta la famiglia e deportato nel campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia in provincia di Cosenza. Dopo un anno, il 25 settembre 1941, una trentina di ebrei vengono trasferiti da Ferramonti al campo di concentramento di Casoli. Tra essi c’è anche Afnaim Salomone che arriva a Casoli il 26 settembre 1941 e gli viene assegnato il letto n. 39 che sarà anche il suo numero di internato.

Il 13 ottobre 1941 Afnaim Salomone inoltra al Ministero dell’Interno la richiesta di 15 giorni di licenza per recarsi a Milano forse perché vi risiede ancora la madre anziana. Il 25 novembre 1941 la Questura di Chieti scrive a Casoli informando che il ministero non ha accolto la domanda di licenza dell’internato. Ma Afnaim Salomone ha molto bisogno di andare a Milano dove risiedeva prima dell’arresto e la deportazione; infatti il 19 gennaio 1942 invia al ministero un’altra richiesta di licenza, anche questa respinta il 7 marzo 1942, come si evince dal biglietto inviato a Casoli dalla Questura di Chieti.

 

Durante questi mesi a cavallo tra il ’41 e il ’42, mentre si svolge questo scambio epistolare sulla licenza del trenatanovenne ebreo di origine turca, Afnaim Salomone si reca a Lanciano per cure dentistiche: infatti il 28 dicembre 1941 avanza una richiesta in tal senso alla questura di Chieti allegando un certificato medico; dopo un mese e mezzo, il 13 febbraio 1942 ottiene una risposta positiva (lettera 01912 della Questura di Chieti: «Si autorizza la persona in oggetto indicata, a recarsi a Lanciano, per cura odontoiatrica, a proprie spese, per il tempo strettamente necessario, sottoponendola ad adeguata vigilanza, facendola accompagnare. Il questore Mendola»). Finalmente dopo un altro mese (l’8 marzo 1942) la direzione del campo di Casoli dispone affinché i carabinieri di Casoli accompagnino l’internato a Lanciano con la raccomandazione che dovrà rientrare in sede il giorno stesso.

 

L’11 aprile 1942 da Chieti arriva l’ordine di disporre che Afnaim Salomone sia trasferito a proprie spese a Taglio di Po, in provincia di Rovigo, dove giunge il 24 aprile 1942. A Taglio di Po Salomone è in internamento “libero”, cioè può abitare in un appartamento e ricongiungersi con i suoi familiari ma non può allontanarsi e ogni giorno deve recarsi dai carabinieri per dichiarare la propria presenza. In quel paesino del Polesine Afnaim Salomone vive con i suoi cari per un anno e mezzo, dall’aprile ’42 al novembre ’43.         

 

Intanto, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, l’Italia viene invasa dall’esercito tedesco il quale predispone dei reparti speciali, che, coadiuvati da reparti fascisti, si dedicano esclusivamente alla ricerca, all’arresto e alla deportazione degli ebrei italiani o rifugiati in Italia dalla Germania e dai paesi caduti sotto il potere nazista.

 

È così che il 30 novembre 1943 fascisti italiani a Taglio di Po arrestano Afnaim Salomone, la moglie Dana Lea, i figli Leone e Vittoria, la madre Ciprut Vittoria e la sorella Afnaim Regina. Tutta la famiglia per 8 mesi vive una dolorosa odissea: prima viene rinchiusa nel carcere di Rovigo; poi deportata nel campo di concentramento di Fossoli (in prov. di Modena); poi trasferita a Verona da dove, il 2 agosto 1944, viene deportata nel campo di concentramento di Bergen Belsen, in Germania.

 

Non sappiamo come, forse perché arrivano a Belsen quando già americani, inglesi e russi avevano invaso la Germania, ma, per fortuna, Salomone e tutti i suoi cari, si salvano e vengono liberati dagli alleati tra il 4 e l’11 marzo 1945.

      

Purtroppo anche i due fratelli maggiori di Dana Lea, Isacco e Salomone, furono arrestati a Milano dalla milizia fascista e, insieme alle rispettive famiglie, subirono la deportazione. Isacco, la moglie Rachele e i figli Salvatore ed Ester furono assassinati ad Auschwitz. Salomone con la moglie Malcunna e i figli Mosè, Samuele e Stella arrestati anch’essi a Milano e, deportati a Bergen Belsen, si salvano e vengono liberati il 4 marzo 1945 insieme a Lea e Regina, il cognato Afnaim, i nipoti e la suocera. Sono sicuramente felici di potersi ritrovare e vivere insieme ma non conoscono ancora l’atroce destino toccata al fratello di Lea Isacco. L’offesa, l’umiliazione, l’atrocità, la perdita segnano ormai per sempre i destini di tutti, anche di noi che leggiamo la loro storia.    

     (si ringrazia Leo Di Loreto)   

Al centro a sin. Regina Afnaim, sorella di Salomone, Salomone al centro e a destra la moglie Lea Dana (1930)
Al centro a sin. Regina Afnaim, sorella di Salomone, Salomone al centro e a destra la moglie Lea Dana (1930)

Fascicolo personale di AFNAIM SALOMONE, Fasc. 2, Busta 25

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